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LA NOSTRA CITTÀ

LA NOSTRA CITTÀ


Ridendo e piangendo
Vagando tra il conscio e l’inconscio.
Tra il quotidiano e “l’ignoto regno da cui nessuno ha fatto ritorno”
Pensiamo di offrire al nostro pubblico uno spettacolo particolare.


Piccola Città è una commedia teatrale in tre atti, allestita e pubblicata nel 1938 e ambientata a Grover's Corner, una piccola città del New Hampshire. Un narratore e un direttore di scena siedono su un palcoscenico spoglio e raccontano l'azione. Attraverso flashback, dialoghi e monologhi gli altri personaggi si raccontano al pubblico. Il principale è George Gibbs, il figlio del dottore, e Emily Webb, figlia di un editore. Dopo anni di amicizia e di corteggiamento, i due finalmente si sposano. La loro è un’esistenza del tutto ordinaria, come quella dei concittadini. La semplicità e la ripetitività delle loro vite è raccontata nei primi due atti, in cui sembra che a Grover’s Corners non accada niente, se non alternarsi di colazioni, interrogazioni a scuola, discussioni su freddo e pioggia con i passanti, prove di canto in chiesa. Ma Piccola Città non è la semplice storia di un paesino della provincia americana. È una riflessione sulla morte e sulla quotidianità, un piccolo capolavoro sul valore della quotidianità. Wilder invita ad apprezzare la vita nelle piccole cose, nei gesti ripetuti, nelle situazioni più consuete e prevedibili, nei momenti più ordinari. Invita insomma a non sprecare il tempo che ci è dato.

Riduzione scenica e regia

Carlo Formigoni

con

Giancarlo Luce

Erika Grillo

Rosa Scatolini 

Carlo Martongelli

Scene

Patrizia Fazio

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DIARIO DI UN PAZZO


Molti anni fa, precisamente nel 1993, a Bari, nella libreria “Athena”, che vendeva libri usati, mi capitò tra le mani un libro dal titolo “Fuga sulla luna” dell’editore De Donato. Cominciai a leggerlo seduta stante, come si fa normalmente in libreria, senza accorgermi però che il tempo scorreva. Fu la proprietaria del negozio ad interrompere gentilmente la mia lettura e ad informarmi dell’imminente chiusura.

In tale circostanza conobbi, dunque, uno dei letterati e intellettuali più importanti della mia vita.

Il primo racconto, “Diario di un pazzo”, fu scelto per una rappresentazione teatrale che andò in scena l’anno successivo per la regia di Ettore Toscano, le musiche di Anibal Bugoni e l’allestimento scenico di Mariella Putignano, tre artisti passati a miglior vita ma ancora vivi dentro di me.  A loro e all’autore del testo dedico questa ripresa. Oltre a tutti coloro che credono ancora che fare arte sia la cosa che ci migliora come esseri umani.

Polemista, saggista, poeta e narratore, Lu Hsun, autore del racconto, ha vissuto il primo quarto del secolo scorso in Cina, in una società in piena trasformazione politica e sociale. La nascita di quest’opera, come narra lui stesso, coincide con la sua maturazione politica e letteraria.

Il racconto rappresenta il suo primo tentativo di emancipare il popolo cinese, fino ad allora ancora debole e arretrato.

Sebbene inizialmente interessato a migliorare la condizione umana e sociale del suo popolo, tramite lo studio della medicina, Lu Hsun optò, in un secondo momento, per la letteratura, perché capì che prima del corpo bisognava migliorare lo spirito e la letteratura gli appariva il mezzo più adeguato per promuovere questo cambiamento. 

Diario di un pazzo” è il primo racconto che Lu Hsun scrive e con il quale inaugura la sua raccolta “Alle armi”.

Da allora in poi non fui più capace di smettere di scrivere” – scrive Lu Hsun -. “Ogni tanto … - continua - … mi accade di lanciare un grido per incoraggiare quei combattenti che arrancano nella solitudine, perché non si perdano d’animo. Non importa se il mio grido è audace o triste, terribile o ridicolo, ma, trattandosi di un appello alle armi, devo naturalmente obbedire agli ordini del mio generale”. La sua coscienza. 

È la sua coscienza che gli impone di raccontare quello che vuole mutare, ovvero: mostrare il male della società per trovare una cura; raccontare la vita degli infelici, degli esclusi, esempi simbolici della condizione umana; riformare la vita degli uomini.

Nel “Diario di un pazzo” si affrontano le vicissitudini di un uomo che soffre di manie di persecuzione, ed in particolare della paura di essere divorato dai suoi simili.

Pur essendo stato scritto oltre un secolo fa, il testo è sorprendentemente attuale per il carico di significato allegorico di cui è ricco, per la brutalità e l’antropofagia di ogni genere che, al giorno d’oggi, si va compiendo nel mondo tra i continenti, tra le nazioni, tra gli uomini. 

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